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Service sex: ovvero vivere il sesso come un... obbligo Pubblicato il Marzo 12, 2019 - 17:45

 

 Brogy è il soprannome di Ambrogio, maestro di cocktail in un elegante bar di Milano, di quelli dove si tira tardi tra bollicine e long drink colorati. Si siede davanti alla scrivania curvandosi dinoccolato verso di me, con un gesto da barman che ascolta le pene dei clienti. Ma il suo è un riflesso condizionato: qui chi ascolta sono io. Dice a bassa voce che poche cose al mondo gli hanno dato felicità (oltre all’invenzione del Brogyred, una variante del mitico Negroni con una purpurea amarena ghiacciata infilzata sul bordo del bicchiere) più del sesso con la sua Carla e qualche rara volta con le clienti, amanti occasionali e senza impegno, tanto per non deludere le aspettative del ruolo. «E allora?», dico io. «Perché è venuto dal sessuologo medico?».

 

 Brogy si fa triste e mi spiega che nonostante tutto l’amore che prova per Carla, i 25 anni di vita assieme e, forse, complice una menopausa non trattata che rende difficile la penetrazione, il suo desiderio si va spegnendo e con esso la capacità a ottenere e mantenere l’erezione come una volta. No, non si tratta di impotenza: in fondo se la cava. Il problema è che Carla vuole fare sesso (almeno) una volta a settimana. È una di quelle donne che in menopausa, anziché avere una riduzione del desiderio per la carenza ormonale come capita alle più, risentono particolarmente degli androgeni, gli ormoni maschili prodotti dal surrene. Insieme con un’ombra di baffetti, nemmeno sgradevole, e nonostante il dolore vaginale compensato con un po’ di lubrificante, la voglia di far l’amore di Carla è tutt’altro che spenta.

 

 Insomma, per farla breve, Brogy ottiene regolarmente da un medico-cliente, innamorato del suo mitico cocktail, delle ricette per acquistare in farmacia il «ticket to love», il farmaco per l’erezione travestito da francobollo, da biglietto del cinema del sesso che si tiene discretamente nel portafoglio e si mette sulla lingua poco prima del rapporto, lasciando che si sciolga senz’acqua (e senza Negroni). Insomma, usa una versione moderna della famosa pillola blu per riuscire a far l’amore con Carla, senza che lei se ne accorga.

 

 Faccio finta di essere sorpreso e ripeto a Brogy che questi farmaci non dovrebbero funzionare se non c’è desiderio, come, si direbbe, nel suo caso. Mi smentisce categorico: senza il ticket la sua erezione spesso non arriva all’80%. Usandolo di nascosto, invece, torna al perfetto 100% di una volta, anche se la voglia non è tanta. Il barman mi confessa che sì, ha riprovato più di una volta con le solite clienti e sì, anche senza medicina riesce a far l’amore senza problemi. «In fondo», conclude, «sono venuto da lei per sapere cosa mi sta succedendo e se mi fa male prendere il farmaco due volte a settimana».

 

 Lo tranquillizzo riguardo alla salute: gli inibitori della fosfodiesterasi (dalla classica pillola blu, a quella del weekend, alla mentina, fino alla recente «pillola senzapensieri», così detta per la rapidità di azione ed eccellente tollerabilità) sono più sicuri dell’aspirina quando il sesso in sé non è rischioso dal punto di vista cardiovascolare e non si assumono farmaci antianginosi. Non è una battuta, è proprio così.

 

 Mi preoccupo invece del suo assetto psicologico e relazionale: perché non provare a fare un percorso di terapia della coppia per cercare assieme a un professionista le modalità per riscoprire il piacere di stare assieme alla compagna? «Vede», dico a Brogy, «per lei il sesso è diventato un dovere, anziché un piacere. Fa sesso con Carla perché le vuol bene, per spirito di servizio. Si tratta ora di capire se c’è stoffa sufficiente perché il sarto (che poi è il terapista della coppia) cucia il vestito della rinnovata voglia di far l’amore». L’inventore del Brogyred mi lascia promettendo di pensarci, ma non senza essersi ficcato in tasca la mia ricetta per fare le analisi che ci diranno se, assieme alla routine coniugale, anche i suoi ormoni, vasi e nervi, il suo corpo, insomma, ormai non più giovanissimo, stanno congiurando per ridurre la sua performance. Le analisi confermeranno la salute generale del paziente ma il percorso di psicoterapia sta procedendo a rilento. In fondo la pillola dell’amore costituisce una scorciatoia cui Brogy, evidentemente, non sa rinunciare.

 

 L’hanno chiamato service sex. Le psicosessuologhe e le storiche del comportamento sessuale dicono che è un tipico, atavico costume femminile quello di accettare di far l’amore anche quando non c’è vogliasolo per compiacere il partner e per il timore di, altrimenti, perderlo. Lo ammetto, le femministe hanno ragione: il caso di Brogy e Carla è probabilmente (ma è tutto da dimostrare, visto che non ci sono studi scientifici in merito e visto il successo delle pillole dell’amore) più raro rispetto a quello classico, a ruoli invertiti: il modello in cui lui desidera far sesso troppo sovente rispetto a quanto lei vorrebbe. In effetti è assai più facile (ma non per questo giusto) per una donna far l’amore anche senza troppa voglia. La mia collega Rosemary Basson è stata la prima ad accorgersi che le signore seguono nella loro risposta sessuale un modello spesso circolare anziché lineare.

 

 Spiego questa geometria. I maschi riescono a far bene sesso se seguono una precisa e obbligatoria sequenza di eventi: desiderio – eccitazione (cioè erezione) – copula – orgasmo – risoluzione (o periodo refrattario, durante il quale non riescono per un po’ ad avere una nuova erezione). Molte donne non differiscono da questa sequenza di eventi. Ma, insegna Basson, molte altre (da uno a due terzi, dice la sua ricerca) possono seguire un modello che lei definisce appunto circolare, cioè non lineare.

 

 Partendo dal bisogno di intimità, la ricercatrice americana riconosce che il desiderio femminile può essere reattivo e non solo spontaneo e che può esserci prima o arrivare magari anche dopo la stimolazione fisica che porta all’eccitazione, che nelle donne prende l’aspetto di lubrificazione. Il modello circolare riconosce che l’orgasmo può contribuire, ma non è inesorabilmente indispensabile, per la soddisfazione generata dall’intimità che il (buon) sesso genera.

 

 Quindi, se per il nostro Brogy c’è bisogno di uno starter farmacologico che allontani il rischio di far figuracce, supplendo alla riduzione (non assenza, altrimenti non funzionerebbe) di desiderio, per una donna la possibilità di copulare anche senza voglia di farlo è garantito, più o meno, dalla biologia, perlomeno in certune e perlomeno in alcune fasi della vita. D’altra parte, la prostituzione si declina assai più al femminile che non al maschile, e non solo per motivi culturali legati al modello patriarcale. Ed è proprio questo è il cruccio di un’altra delle mie pazienti: Mara

 

 

 

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